Tre luoghi comuni sugli psicologi che in realtà non sono veri

La mia professoressa di psicologia clinica notava come fosse difficile trovare online foto o disegni di pazienti che non fossero stesi su un lettino e che non dessero le spalle allo psicologo. In realtà questa rappresentazione comune è strettamente legata alla falsa idea che tutti gli psicologi operino in questo modo.
Se avete amici psicologi probabilmente li avrete sentiti lamentarsi spessissimo per l’idea che la società passa su di loro. A partire dalle frasi quali “Sai, anche io sono un po’ psicologo!” fino ad arrivare alla celebre “Ma non è che mi stai psicoanalizzando?” (talvolta nelle loro versioni corredate dalle ormai tristemente comuni parole “pisicologo” e “pisicoanalizzando“). In realtà ciò che fa veramente lo psicologo è sconosciuto ai più e gran parte di quello che avviene nel suo studio viene rappresentato dal senso comune al pari di come veniva eseguito più o meno un secolo fa. Cerchiamo di chiarire alcune delle idee più comuni (e sbagliate!) che girano su questa professione.
“Sono anche io un po’ psicologo”
Questa frase è il grande classico che porta tutti gli psicologi molto rapidamente all’esaurimento. Sebbene la gran parte di psicologi, psicoterapeuti e studenti di psicologia vi farà un sorriso dicendovi “Ah si?” internamente si sentirà morire. La gran parte dei pensieri spaziano dal più comprensivo “Sicuramente sei un po’ psicologo nel tuo sistema teorico” al più aggressivo “Non mi sembra tu abbia speso cinque anni di università, uno di tirocinio e, tanto per cambiare, quattro di specializzazione per diventare un po’ psicologo”.
Ci sono una serie di motivi per i quali si ritiene di essere un “po’ psicologi”. Il primo motivo è che in parte (non vi montate la testa adesso!) questo è vero. In particolare viene definita “Psicologia da salotto” o “Psicologia del senso comune” la capacità basilare di spiegare motivazioni e intenzioni degli altri, dare consigli, capire gli stati d’animo e saper ascoltare. In parole povere ciò che vi aspettate da un amico che ci tenga a voi.
Il secondo motivo è che, ritenendo la psicologia una parte molto più vicina e accessibile di quanto possano essere la medicina, la matematica o altre discipline, il disperdersi e la ricezione di informazioni (spesso incomplete e riadattate) su questo campo è piuttosto comune. E’ inutile dire che le informazioni smezzate e non inserite all’interno di un quadro teorico coerente non solo sono sbagliate, ma possono essere addirittura dannose. E’ comunissimo sentire parlare le persone di “Malattia mentale”, “Psicopatici”, “Esaurimento nervoso”, “Identificazione con il genitore”, “Complesso edipico” basandosi tuttavia su definizioni puramente di senso comune e al 99% completamente errate.

L’effetto Dunning-Kruger è il principio per il quale “Chi sa poco crede di sapere molto e viceversa”. Chi inizia ad informarsi su una determinata disciplina tende subito a sentirsi esperto, solo procedendo si rende conto della quantità di informazioni alle quali non ha ancora accesso, ridimensionando notevolmente le sue valutazioni sulla propria preparazione.
Un altro elemento non trascurabile è il fatto che, non essendoci una chiara definizione di psicologia nell’accezione comune, spesso si parla di quest’ultima anche quando non se ne potrebbe parlare, toccando elementi tipici dell’occulto, o diffondendo credenze completamente sbagliate sugli strumenti psicologici. È inevitabile spesso vedere persone che si definiscono “un po’ psicologhe” perchè ritengono di prevedere cosa pensa la gente, capire se mente o dedurne tratti critici a partire da come disegna. In tutta onestà, l’uso di questa pratiche le allontana completamente dalla figura dello psicologo, perchè se loro riescono in tali atti è una grande qualità, ma uno psicologo non sarebbe in grado di fare queste cose, anzi, si tiene ben lontano anche solo dal pensarlo.
In definitiva chiariamo (e si spera una volta per tutte!) che non si può essere “un po’ psicologi” come non si può essere “un po’ medici”, “un po’ ingegneri” o “un po’ architetti”. Il percorso per diventare psicologi è lungo e difficile e richiede conoscenze teoriche non solo molto ampie, ma che vanno continuamente aggiornate grazie al velocissimo progresso della disciplina. Ciò non toglie che possiate definirvi “appassionati di psicologia” o “interessati alla psicologia”, sapendo tuttavia che il campo è ben più ampio e difficile di quanto possa sembrare dall’esterno.
“Non ho bisogno dello psicologo, i miei problemi li risolvo da solo” / “Cosa può dirti di più lo psicologo di quello che ti dico io?”
Mi capita spessissimo di rilevare un’enorme confusione su cosa faccia effettivamente uno psicologo. Fra le proposte più comuni trovo “Lo psicologo mi cambia, e io non voglio cambiare!”, “Lo psicologo dà dei consigli”, “Lo psicologo ti dice “Ecco, i tuoi genitori sono la causa di tutti i tuoi problemi!””, “Lo psicologo ti cura”, “Lo psicologo scopre il tuo trauma”. Sarà sconvolgente rivelarvi che lo psicologo non fa niente di tutto ciò (o almeno non sempre e non in ogni orientamento).
La figura generale dello psicologo è legata principalmente a tre rappresentazioni ad essa vicine seppure allo stesso tempo distanti, che tuttavia definiscono cosa la maggior parte della gente pensa quando parli di “psicologo” o “seduta terapeutica”:

Nel 1960 lo psicologo e sociologo Serge Moscovici analizza il processo con il quale alcuni elementi scientifici socialmente rilevanti, come la psicoanalisi, vengono assorbiti all’interno della cultura comune sotto forma di “rappresentazioni sociali”. In particolare nel suo studio mostra come i concetti fondanti del fenomeno scientifico vengono riadattatati dal senso comune per categorizzare situazioni tipiche e tangibili della vita quotidiana (ad esempio il nuovo uso descrittivo di “inconscio”, “trauma”, ecc). A questo si connette anche l’ingresso nel linguaggio di termini propri della disciplina scientifica per riferirsi a situazioni della vita quotidiana (vedi anche il concetto di “perversione” nel mio precedente articolo sulla malattia mentale).
Lo psicanalista. Seppure questa figura rientri nella categoria più generale degli psicologi, gli psicoanalisti hanno un loro sistema di metodi e cure per intervenire sui pazienti. Ancor più la figura più comune è quella dello psicanalista classico freudiano (oggi in via d’estinzione): parliamo del terapeuta seduto su una poltrona rigorosamente posta dietro il lettino dove è disteso il paziente (che non guarda direttamente il clinico, posto alle sue spalle). Nella stessa scena il paziente parla liberamente della sua infanzia mentre lo psicanalista prende talvolta appunti su un taccuino, interrompendo poi il paziente alla fine per rivelare significati simbolici determinanti, del tipo: “Il sogno che continua a fare rappresenta chiaramente il rapporto travagliato che vive con suo padre, dal quale non si sente amato”. A questo punto il cliente ha un improvvisa epifania (chiamata da Freud inizialmente abreazione) in seguito alla quale si alza avendo ricomposto il “puzzle” ringrazia il dottore e va felice per la sua strada.
C’è da dire che una tale rappresentazione è sufficientemente fantasiosa anche per il paradigma Freudiano classico, ma coincide perfettamente con ciò che le persone si aspettano da una seduta terapeutica. In realtà, anticipo già da adesso, in molti orientamenti terapeutici non è previsto affatto l’uso del lettino, il terapeuta e il cliente sono posti faccia a faccia e la famosissima “interpretazione dei sogni” non è affatto contemplata.
L’amico. Non mi fraintendete, la figura dell’amico è una figura fondamentale al di fuori della relazione terapeutica, anzi, talvolta è molto efficace ai fini della riuscita di una felice terapia. Tuttavia è fondamentale non confondere l’amico con il terapeuta, anzi, per motivazioni tecniche e deontologiche il terapeuta non può mai effettuare terapia su amici e parenti. Questo perché lo psicologo non solo deve mantenere un certo distacco e oggettività all’interno della relazione terapeutica, ma è fondamentale che la sua vita privata non si confonda mai con la vita lavorativa, per una serie di motivi relativi al benessere e alla sicurezza del paziente e del terapeuta stesso.
Il medico. Lo psicologo, nella maggior parte dei casi, non cercherà di diagnosticarvi una malattia per poi somministrarvi una cura (tanto più che non può neanche prescrivere farmaci), come si procede con un comune raffreddore. Nonostante esistano procedure standardizzate per la cura di disagi personali, un buono psicologo sa che la somministrazione di tali procedure deve essere valutata soggettivamente in relazione al caso, considerando il fatto che ogni persona ha le sue caratteristiche e che ogni patologia è diversa dalle altre. Per approfondire la questione della diagnosi e della cura della malattia mentale, vi rimando al mio precedente articolo su cosa sia realmente la malattia mentale.
Smontate queste credenze generali sulla figura dello psicologo la domanda che mi viene posta continuamente è “Ma allora lo psicologo che cosa fa?“.
La risposta è molto complessa, perchè la serie di tecniche e obiettivi che lo psicologo si pone sono strettamente legati al suo orientamento di base (ossia la scuola teorica alla quale lo psicologo aderisce e ritiene più valida per i trattamenti). Al giorno d’oggi tuttavia non è difficile trovare psicologi con un orientamento eclettico che, pur aderendo ad un orientamento, preferiscono usare tecniche differenziate per garantire una maggiore efficacia terapeutica.
Fondamentalmente, aldilà delle metodologie usate, il compito dello psicologo non è quello di risolvere il problema, ma di orientare il paziente affinchè questo possa risolvere autonomamente le proprie problematiche. Spesso la gente mi risponde “Ma quindi lo psicologo se ne lava le mani?“. Benchè le cose possano apparire così un detto molto famoso dice “Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”.
La filosofia di base è che lo psicologo non può mai capire la vita e le esigenze del paziente più del paziente stesso, di conseguenza imporre delle soluzioni che sono valide per se è un modo completamente errato di approcciare la terapia. Senza contare che in genere i problemi sono solo la manifestazione di un disagio più profondo: spesso risolvere il problema non vuol dire automaticamente risolvere anche il disagio sottostante. Così la probabilità che il disagio si rimanifesti in forma di altri problemi, con ricadute e alterazioni di altro tipo è molto alta.
Il vero compito dello psicologo è assicurarsi che il paziente intraprenda la strada del cambiamento più funzionale per lui, seguirne il progresso e cristallizzare il cambiamento una volta che questo si è verificato (per scongiurare eventuali ricadute).
“Ma quindi in questo momento mi stai psicoanalizzando?” / “Senti, ho fatto questo sogno l’altro giorno, secondo te cosa significa?”
Partiamo ribadendo una serie di presupposti che avevo anticipato nelle domande precedenti:
Non tutti gli psicologi usano l’interpretazione dei sogni. È una tecnica tipica di alcune branche della psicodinamica che, fra l’altro, è ben diversa da ciò che si aspetta la maggior parte della gente. Quindi se sperate di ricevere incredibili rivelazioni sui vostri desideri e sulla vostra personalità perché avete sognato che andavate al bar a prendervi un caffè siete completamente fuori strada.

L'”Epochè” (dal greco “Sospensione”) o “Sospensione del giudizio” è una base fondamentale dell’interazione terapeutica. Al primo contatto con una persona siamo tutti portati a sviluppare un’impressione e dei pregiudizi. Lo psicologo nel suo primo contatto deve cercare di astenersi non solo dal cercare di intuire chi ha di fronte, ma ancor più di partire da un’idea diagnostica prestabilita. Il focus centrale sono la storia e il mondo portati in terapia del paziente, non il riflesso che viene creato nel terapeuta e che questo completa inconsciamente (questo è valido almeno in un primo momento).
Gli strumenti terapeutici e per la diagnosi si usano SOLO all’interno del contesto clinico-terapeutico. Gli psicologi non sono stregoni e non possono capire la vostra personalità a partire da un disegnino, da cosa vedete in delle macchie o da un test di Novella 2000 (e a dire il vero hanno difficoltà a capire la vostra personalità anche dopo avervi conosciuti per bene e questo, paradossalmente, è un punto di forza necessario). L’uso di questi strumenti va effettuato solo se necessario e costituisce una serie di indizi che sono validi SOLO all’interno di un contesto già ben definito.
Gli strumenti terapeutici e la terapia stessa non possono essere somministrati ad amici e parenti. Seguire una terapia con persone con le quali si intrattiene un legame emotivo è dannoso sia per il terapeuta che per i pazienti, quindi altamente sconsigliato.
Poste queste basi, c’è da sottolineare in particolare che lo psicologo non spende la sua vita a fare lo psicologo. La terapia è un processo con limiti molto ben definiti (pena la perdita di efficacia) e lo psicologo viene regolarmente pagato per eseguirla. E’ difficile che vi troviate mai a chiedere ad un medico “Ma quindi in questo momento stai valutando il mio stato di salute?”, perchè ovviamente si tratta di un’attività che richiede sforzo intellettuale e risorse che il medico non si diverte a sfruttare continuamente. Allo stesso modo lo psicologo non passa il suo tempo a fare diagnosi.
Certo, è normale per tutti interrogarsi sulla personalità di chi abbiamo di fronte, questo è un meccanismo evolutivo basilare. Che lo psicologo abbia più strumenti per eseguire una valutazione più corretta non vuol dire che questa sia considerabile come una diagnosi o come uno strumento terapeutico, anzi, lo psicologo in genere al primo contatto deve cercare di astenersi dal fare questa valutazione sui pazienti.
Uno dei miei docenti universitari ci diceva ironicamente che, per evitare di svalutare la professione psicologica cercando di interpretare disegni o sogni senza un contesto clinico, alla domanda “Ma quindi questo sogno che cosa vuol dire?” potevamo rispondere “Molto probabilmente che domani verrai colpito da un asteroide, fai attenzione!”.
In conclusione
In questo articolo abbiamo trattato solo alcuni dei luoghi comuni stabiliti intorno alla “misteriosa” figura dello psicologo. Conto di poterne trattare altri in un articolo prossimo.
Approfitto di questo spazio per comunicarvi che giorno 18 gennaio 2018 sarò a Taranto al Convento San Pasquale, in via Pitagora 32, per un breve intervento all’interno del corso sulla Cittadinanza Attiva a proposito dell’interazione fra meccanismi psicosociali, comunicazione e cittadinanza attiva. A breve fornirò ulteriori dettagli. Ho tuttavia intenzione di integrare anche qui sul blog parte del materiale che metterò a disposizione e discuterò in classe con i partecipanti.
In occasione del nuovo anno voglio ringraziarvi per la partecipazione che molti di voi hanno dimostrato nell’ultimo periodo, in particolare per quanto riguarda la sezione di psicologia. Senza sforare nella presunzione mi sento in particolare di dire un grazie ad Alessia, Alessandro, Sonja, Giulio ed Ilaria per aver sostenuto il progetto, averci creduto e avermi seguito nello sviluppo (sperando di non aver dimenticato nessuno, se vi ho dimenticato per favore fatemelo sapere!). Un altro grazie particolare va ai miei genitori per sostenermi nella mia attività e ai cosplayer del Taranto Comics che hanno apprezzato le mie foto amatoriali dell’evento e hanno deciso di seguire la pagina Facebook, per qualunque modifica alle foto sono a vostra disposizione!
Un grazie comunque a tutti i lettori, siate di passaggio o appassionati, ho grandi progetti in corso per questo blog e spero che siate entusiasti tanto quanto me per quello che ci aspetta. Nel frattempo vi ricordo che per seguirmi potete usare i social network dai bottoni qui sotto, le notifiche da cellulare e browser attraverso la campanella arancione in basso a destra (non disponibile su dispositivi Apple per il momento) o la mailing list dal box sulla destra (in basso da cellulare). Se avete gradito l’articolo non dimenticate di mettere mi piace e condividerlo.
E con questo concludo augurandovi un buon anno e dandovi appuntamento al prossimo articolo!