Psicologia dell’abbronzatura perfetta: cosa ci spinge a cercarla
Salve a tutti e benvenuti in questo nuovo articolo!
Lo so, c’è chi la sogna dall’ufficio e chi invece è già steso lì al mare cercando di ottenerla. Parlo dell’abbronzatura perfetta. Perchè abbronzarsi? Beh, rende attraenti, sexy e si dà l’idea di essere più in salute. Hill e colleghi (1990) riportano addirittura che sia più facile godersi l’estate se si è abbronzati (citato da Keesling & Friedman, 1987). Così non si può andare in vacanza senza esibire una abbronzatura perfetta come “trofeo di guerra”. Ma conoscete veramente i processi psicologici che ci sono dietro l’abbronzatura? E scommetto che molti di voi usano il meno possibile le creme solari per abbronzarsi di più: ma perchè? Lo scopriremo insieme in questo articolo.
Una pallida nobilità
Vi sembrerà strano, ma la gente non si è sempre stesa sulle spiagge a prendere il sole. Anzi, se vi è capitato di vedere qualche film della nobiltà ottocentesca avrete notato come tutti apparivano estremamente pallidi, altro che abbronzatura perfetta. Questo perché, fino ad un certo punto della storia (di cui parleremo dopo), la pelle pallida era ritenuta come simbolo di alto rango nobiliare. Le donne erano perfino disposte ad assumere dell’arsenico pur di apparire più pallide, seppure questa sostanza fosse dichiaratamente velenosa.
A cosa era dovuta questa ossessione per il colorito pallido? Un tono della pelle chiaro era legato, nell’ottica del tempo, al fatto che i nobili non fossero costretti ad uscire per lavorare. Al contrario, la classe contadina, essendo obbligata a lavorare al sole, tendeva ad assumere un colore più scuro. Di conseguenza un colore di pelle chiaro era l’equivalente di uno status sociale particolarmente elevato.
Con l’arrivo della rivoluzione industriale questa condizione viene meno. La classe operaia non è obbligata più a lavorare all’aperto: al contrario, si ammassa nelle fabbriche dove lavora per lunghi periodi al chiuso. Al contrario, chi non è costretto a lavorare nelle fabbriche, ha più tempo per dedicarsi alle attività all’aria aperta, come gli sport. Da ciò la tendenza precedente si inverte: l’abbronzatura diventa indicatore di uno status sociale più elevato (Keesling & Friedman, 1987).
Arriva l’elioterapia
A ciò si aggiunge il fatto che, a partire dal 1900, il lavoro di ricerca di Rollier introduce l’elioterapia. Di cosa si tratta? Il medico Rollier aveva notato che l’esposizione al sole sembrava essere benefica per i pazienti che soffrivano di tubercolosi. L’elioterapia si affermò rapidamente nella cultura comune e, di conseguenza, l’essere abbronzati venne associato all’essere in salute. Al contrario, presentare un colorito pallido era visto come indicatore di scarsa salute (Keesling & Friedman, 1987) .
Dall’elioterapia in poi la passione per l’abbronzatura è andata crescendo, fino a raggiungere il suo picco intorno al 1930. L’introduzione dell’abbronzatura nella moda, secondo alcuni, è da assegnare in questo periodo a Coco Chanel. Eddy (1934) ed Emerson (1933) riportano che nel 1930 le mamme erano fortemente invitate ad esporre i propri figli al sole almeno una volta al giorno, fin dall’età di un mese. Si pensava ovviamente che l’unico rischio possibile fosse scottarsi (citati da Keesling & Friedman, 1987).
Intorno al 1940 la gente inizia a farsi due domande. I medici si accorgono che l’elioterapia in realtà serve quanto il due di briscola. Inoltre iniziano a notare che prendere troppo sole può portare al cancro alla pelle. Nel 1960 le persone che negli anni ’30 si erano esposte per ore e ore al sole senza protezione iniziano a sviluppare i tumori della pelle. Così i medici lanciano l’allarme: “Attenzione, il sole fa male!”. Un po’ tardi, perché ormai la ricerca dell’abbronzatura perfetta è radicata nella cultura popolare. A maggior ragione, in questo periodo, molte celebrità si lanciano in elogi dell’abbronzatura e dell’esposizione al sole, in barba alle nuovissime tendenze mediche (Keesling & Friedman, 1987).
L’abbronzatura perfetta e il rapporto con gli altri
Al giorno d’oggi, uno dei fattori più importanti che ci spinge ad abbronzarci deriva dal confronto con gli altri.
Ad esempio, conoscere persone che amano abbronzarsi o che pensano che l’abbronzatura sia una cosa buona aumenta notevolmente la nostra tendenza ad esporci al sole per abbronzarci. Da un lato si tratta di un adattamento conformistico (“se lo fanno tutti probabilmente va bene così”), dall’altro siamo preoccupati dei giudizi che gli altri possono avere nei nostri confronti al momento in cui non aderiamo a questa norma (Arthey & Clarke, 1995). Chi non si è sentito a disagio almeno una volta quando gli amici gli hanno detto “Sembri una mozzarella, quando vai un po’ a mare?”.
Immagino che tutti sappiamo che essere abbronzati ci fa apparire più sexy e interessanti. Quello che non sappiamo è che , secondo alcuni stereotipi, le persone che cercano di abbronzarsi volontariamente sono anche percepite come vanitose e superficiali. È per questo che alcuni professori all’università vi rimandano dicendo “Così abbronzato si vede che non ha studiato proprio” (e sbagliano). Al contrario, chi si abbronza “per caso”, facendo attività all’aperto, viene percepito come attraente, interessante, intelligente e chi più ne ha più ne metta (Miller, Ashton, McHoskey, & Gimbel, 1990). E se la cosa vi può interessare, il livello di abbronzatura perfetto, quello ritenuto più attraente, è quello medio: né troppo scuro né troppo chiaro (Arthey & Clarke, 1995).
Buon esempio e cattivo esempio
Un’altra influenza che hanno gli altri su di noi in relazione all’abbronzatura è quella del buon esempio. Sembra che se persone con un ruolo specifico (come i bagnini, i genitori o chiunque possa rappresentare un modello) o che siano significative per noi tendono a fare uso di protezione solari, anche noi saremo portati a farne uso (Arthey & Clarke, 1995; Dadlani & Orlow, 2008). Se vogliamo considerare il cattivo esempio, invece, conoscere qualcuno che è stato colpito da una forma di cancro alla pelle porta le persone ad aumentare la propria intenzione di ricorrere all’uso di creme solari (Arthey & Clarke, 1995).
Al di là della crema solare, la spinta ad imitare gli altri che per noi rappresentano un esempio è molto forte ed è usata anche in pubblicità. Quante volte in tv vediamo vip che pubblicizzano prodotti? Dal punto di vista dell’incontro con chi ha subito un cancro alla pelle, dobbiamo considerare che vedere le conseguenze dell’esposizione solare in maniera tangibile ci rende più consapevoli di quello che rischiamo nel cercare l’abbronzatura perfetta: rende più reale il problema.
Maschi vs Femmine
Sembrano esserci diversi fattori in gioco quando si parla di chi sa proteggersi meglio dalle pericolose radiazioni solari e chi è più interessato all’abbronzatura perfetta. Fra questi, due dei più importanti sono sicuramente l’età e il sesso.
Per quanto riguarda il sesso, le donne tendono a proteggersi molto di più dal sole rispetto agli uomini. Una prima motivazione è legata al fatto che tipicamente le donne sono più preoccupate della loro apparenza fisica rispetto agli uomini (sebbene a mio parere questa differenza si stia assottigliando sempre più). Ciò le porta a conoscere di più gli effetti di invecchiamento della pelle generati dall’esposizione non protetta al sole. Inoltre, è probabile che le donne conoscano meglio gli effetti del sole nello sviluppo del cancro della pelle in quanto leggono più spesso riviste che trattano di questi argomenti (Keesling & Friedman, 1987). Al contrario, gli uomini tendono a non usare la crema solare, perchè la trovano fastidiosa, ingombrante e perchè questo mina la loro virilità (incredibile ma vero) (Keesling & Friedman, 1987).
“Applicare la crema solare” afferma Courtenay in merito “richiede di respingere una serie di costrutti sociali: gli uomini virili non si preoccupano della loro salute; gli uomini virili non si ammalano; l’applicazione di creme sul corpo è un passatempo femminile; gli uomini virili non “coccolano” nè “si prendono cura” del loro corpo; e i “look da veri duri” prevedono un’abbronzatura” (Courtenay, 2000). D’altro canto è meglio sembrare virili piuttosto che non sviluppare il cancro.
L’età della spensieratezza
Trattando dell’età, la classe più a rischio è, come è facile intuire, quella degli adolescenti. Sebbene la letteratura riporti bene questo genere di fenomeno (Marks & Hill, 1988; citato da Arthey & Clarke, 1995), non serve la sfera di cristallo per immaginare che gli adolescenti siano piuttosto restii a proteggersi dal sole. Non ascoltano i consigli dei genitori su come vestirsi o sull’uso della crema solare (quando questi consigli ci sono); risentono pesantemente delle pressioni della società e del conformismo e questo li porta ad essere ancora più soggetti ai fenomeni di cui ho parlato sopra, alla ricerca dell’abbronzatura perfetta; soprattutto i bambini, proprio come gli uomini, trovano la crema solare fastidiosa e ingombrante da mettere.
Questa è l’età in cui le persone subiscono più danni alla pelle. Eppure, a detta di Stern, Weistern e Baker, utilizzare regolarmente una crema solare con fattore di protezione 15 nei primi 18 anni di vita, può portare ad una riduzione del 78% del rischio di sviluppare un tumore non melanocitario in seguito! (Stern, Weinstein, & Baker, 1986).
Ironia della sorte, pare che gli adolescenti conoscano bene i rischi dell’esposizione solare non protetta, ma semplicemente si dicano “eh vabbè” e continuino a non proteggersi (Cockburn, Hennrikus, Scott & Sanson-Fisher, 1989, citato da Arthey & Clark, 1995) . Di conseguenza sgolarsi e fare informazione sulla pericolosità dell’esposizione non protetta ha un effetto piuttosto limitato su questa categoria di individui.
A questa collezione di fisime mentali, se ne aggiunge una particolarmente incisiva. In generale, le persone tendono a preoccuparsi solo di problematiche che sono a loro vicine nel tempo. Nessuno (o comunque pochissimi di voi) in questo momento si sta preoccupando se fra 40 anni la terra ci sarà ancora o meno (e meno male direi). E, coerentemente, la maggior parte delle persone è più attratta dalle ricompense vicine piuttosto che da quelle lontane. Considerando che le persone sono convinte in genere che il cancro della pelle è un problema che potranno sviluppare dai 20 ai 30 anni più tardi (Keesling & Friedman, 1987), non c’è da stupirsi che trovino prioritario invece il vantaggio di avere un’abbronzatura perfetta.
Questo modo di pensare è ancora più radicato in bambini e adolescenti, i quali a volte hanno l’innaturale percezione di essere immortali e che non esista niente che possa ferirli (Williams, 1980). Anche negli adulti questo comportamento fa la sua comparsa qualche volta e viene denominato “bias ottimistico“: è l’idea che è poco probabile che le cose brutte che accadono agli altri accadano anche a noi (Miller et al., 1990).
Che cosa rischiamo?
“Ma il sole mi fa bene, l’hai anche scritto quiii gnegnegne“
[cit. Voi che siete molto offesi perchè ora prenderete il sole con l’ansia]
È vero, un po’ di sole vi può aiutare a sentirvi bene. Ciò non toglie che esporvi al sole estivo senza protezione, al contrario, potrebbe farvi MOLTO MALE. E, fra parentesi, non esiste nessuna evidenza scientifica che dica che l’abbronzatura fa bene, anzi (Arthey & Clarke, 1995).
Al di là della semplice scottatura solare, i danni subiti dalla nostra pelle mentre cerchiamo di ottenere la nostra abbronzatura perfetta possono in primis portare al temuto cancro alla pelle. E vi sorprenderà sapere che i lettini solari sono ugualmente pericolosi, se non di più, rispetto all’esposizione solare normale (Cooley & Quale, 2013).
Possiamo distinguere due tipi di tumori della pelle:
- I tumori non melanocitari: sono tumori minori, più comuni e con un tasso di cura pari al 90%. Sebbene siano più semplici da curare, i tumori non melanocitari possono potenzialmente sfigurare la persona che li contrae. Goulianos (1981) riporta il caso di un suo paziente rimasto praticamente senza naso a seguito di un’operazione di rimozione di un tumore non melanocitario (citato da Keesling & Friedman, 1987). I tumori non melanocitari si dividono in due tipi:
- Carcinoma basocellulare, che cresce lentamente e difficilmente evolve in metastasi;
- Carcinoma a cellule squamose, più raro, ma più pericoloso, in quanto si diffonde più facilmente agli organi interni.
- I tumori melanocitari: sono i più rischiosi e tipicamente si sviluppano da quell’innocuo neo che avete lì da 500 anni.
Siccome è ancora troppo poco, il sole può anche danneggiarvi gravemente gli occhi, causando cataratta, neoplasia congiuntivale e melanoma oculare (Gallagher & Lee, 2006). Meno innocuo di quanto sembri, no? Siete ancora interessati all’abbronzatura perfetta? Allora andiamo avanti.
Una brevissima guida su come proteggervi
Con questo articolo non voglio terrorizzarvi o scoraggiarvi dal ricercare l’abbronzatura perfetta (un pochino sì, dai). Quindi, per terminare in bellezza (anche perchè sto tirando un po’ troppo per le lunghe, anzi, se siete arrivati fino a qui i miei complimenti più sentiti), riassumiamo in brevissimo alcuni comportamenti meno scontati che possono proteggervi dal sole:
- Lo chiariamo una volta per tutte. Le ore più pericolose in cui evitare l’esposizione solare sono dalle 10 di mattina alle 2 di pomeriggio (Kasparian, McLoone, & Meiser, 2009). “Ma è proprio quando vanno a mare tuttiiii” e sì, sono d’accordo con voi (anche se io vado a mare intorno alle 5 di pomeriggio). Infatti, vi consiglio, se vi recate a mare in queste ore, di utilizzare altri mezzi per proteggervi e non di pregiudicarvi la giornata di vacanza.;
- Stare all’ombra non è sufficiente a proteggervi, almeno non completamente. Il sole infatti si riflette sulla sabbia, sull’acqua, sul cemento, praticamente su tutto (Cooley & Quale, 2013);
- Vestiti e cappelli vi proteggono dal sole. E fin qua niente di nuovo. Quello che non sapete è che i vestiti più coprenti sono quelli in poliestere. In alternativa dovete vestire abiti scuri (che sono più protettivi, a differenza di quanto diceva vostra madre o nonna) e più pesanti, o cuciti in maniera più fitta (cercate però di non morire dal caldo). Cotone e Lino sono invece assolutamente insufficienti a coprirvi, è come girare nudi (Davis, Capjack, Kerr, & Fedosejevs, 1997).
- Gli occhiali da sole non sono sufficienti a proteggervi gli occhi. È bene abbinarli con un cappello che copra gli occhi, come un cappellino con visiera o una paglietta a falda larga. (Cooley & Quale, 2013)
- Le creme solari sotto il fattore di protezione 15 sono come l’acqua fresca, e non penso che usiate l’acqua fresca per proteggervi dal cancro. Assicuratevi inoltre di usare una crema solare ad ampio spettro, ossia che protegga sia dai raggi UVA che UVB, altrimenti vi troverete senza scottature ma con un simpatico tumore qualche anno più in là.
- La regola del cucchiaino vi può aiutare a capire quanta crema dovreste applicare su ogni parte del corpo. Secondo tale regola, dovreste applicare circa mezzo cucchiaino di crema solare sulla faccia, e mezzo su ciascun braccio. Per quanto riguarda torso anteriore e posteriore e gamba destra e sinistra, dovreste applicare almeno un cucchiaino di crema su ogni parte. (Schneider, 2002)
- La seguente parte mi annoia solo a leggerla, ma è per il vostro bene [citazione necessaria]. Dovreste applicare la crema 15 minuti prima di esporvi al sole, poi riapplicarla ogni 15-60 minuti se vi esponete al sole e ogni 2 ore se non lo fate. In ogni caso dovete comunque riapplicarla se andate a nuotare o se sudate, perchè non esistono creme solari completamente water-proof, ma che resistono all’acqua solo per un determinato periodo di tempo (fra i 40 e gli 80 minuti) (Cooley & Quale, 2013). Una giornata a mettersi solo crema solare praticamente.
Sembra incredibile ma questo articolo è finalmente finito e voi potete tornare alla vostra abbronzatura perfetta. Ma prima, quali mezzi usate voi per proteggervi? E cosa vi piace dell’abbronzatura? Fatemelo sapere nei commenti!