Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo – di cosa parliamo?
Ieri è stata la giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo. Ma cosa è esattamente l’autismo?
È una domanda per nulla scontata: anche io, prima di intraprendere il mio percorso di studi in psicologia, non avevo ben chiaro cosa riguardasse esattamente l’autismo.
Nell’ottica generale spesso, chi non è direttamente coinvolto o non conosce qualcuno che ne soffre, tende erroneamente ad associarlo al ritardo mentale, o alla sindrome di Down, oppure si affida alla famosa ma abbastanza vuota (e poco realistica) frase “Chi soffre di autismo vive in un mondo suo“.
Dalla mia esperienza personale ricordo che questa frase non solo mi sembrava incomprensibile, ma nella sua vaga realizzazione mi portava all’idea di questa persona/bambino che vede il mondo intorno a se tipo in preda ad una allucinazione da LSD, o che semplicemente viveva una sorta di avventura immaginaria nella sua testa, a mo’ di videogioco.
Abbiamo così cercato di riassumere in una serie di punti alcune informazioni fondamentali su cosa è propriamente l’autismo.
Cosa è l’autismo?
L’autismo è in realtà una condizione che va a colpire le capacità relazionali dell’individuo, che ha difficoltà quindi a intrattenere delle comunicazioni efficienti con altre persone.
Esso si distribuisce su uno spettro (Disturbo dello spettro autistico), caratterizzando una larga categoria di intensità della condizione con sintomatologie piuttosto diverse: ad esempio, nei casi più gravi, i bambini autistici non sviluppano la capacità di parlare; nei più leggeri possono avere solo delle difficoltà a relazionarsi con gli altri in maniera canonica (Ad esempio, Sindrome di Asperger).
Si tratta una patologia molto complessa della quale tuttavia si sa ancora molto poco. Alcune ricerche tendono ad illustrare, fra i numerosi altri fattori, come nei disturbi dello spettro autistico tenda a non svilupparsi una “Teoria della mente” e sia coinvolta anche un’alterazione nella formazione dei famosi “Neuroni Specchio”.
La teoria della mente è la capacità presente nelle persone ritenute “funzionali” di distinguere sè stessi dagli altri.
Un esempio brillante in merito lo riscontrai al primo anno di studio durante una conferenza proprio sull’argomento dell’autismo. Il relatore, per illustrarci cosa voleva dire “teoria della mente” si girò verso una ragazza e chiese “Scusi, ha una penna?”. La ragazza si adoperò immediatamente per prendere la penna e porgerla al relatore.
Dov’è la particolarità? Un ragazzo con un disturbo dello spettro autistico probabilmente si sarebbe limitato a rispondere “Sì” invece di dare direttamente la penna al relatore. Perchè questo? L’individuo autistico non riesce a percepire che l’altra persona ha un pensiero diverso dal proprio, nè che sia altro da sè, non riesce quindi a mettersi nei suoi panni e a valutare le sue necessità.
Allo stesso modo i “Neuroni specchio” sono una categoria di neuroni che ci fa reagire a determinate situazioni subite dagli altri come se fossimo noi a subirle. In un film qualcuno si ferisce pesantemente all’occhio: qual è la prima cosa che fate? È probabile che la vostra mano corra a coprire il vostro occhio; eppure voi non avete subito alcun tipo di danno!
Sulla base di queste caratteristiche diventa evidente che le aree colpite possono riguardare la comunicazione (che non si sviluppa in quanto non esercitata, perchè se non ci sono altre persone a parte me non ho bisogno di parlare), l’emotività e le regole sociali (anche in questo caso, se non riesco ad entrare nell’ottica degli altri non posso regolare le mie relazioni di conseguenza).
Quando si sviluppa l’autismo?
L’autismo insorge nella primissima infanzia, già nei primi 3 anni, sebbene il termine “insorgere” sia tipicamente scorretto: si ritiene infatti che l’autismo sia una condizione che si sviluppa nel periodo circostante la nascita (prima, durante o dopo) e che diventi diagnosticabile solo dai 18 mesi in poi, in quanto è in questo periodo che il neonato intraprende delle dinamiche sociali specifiche che possono mettere in evidenza la presenza o meno dell’autismo.
Già nei primi 12 mesi si può notare che i bambini sani presentano dei casi di “Attenzione condivisa”. Un esempio tipico è quello del papà che sta tornando a casa e della mamma che esce sulla porta con il bambino in braccia (tipo pubblicità del Mulino Bianco). All’arrivo del papà il bambino lo indica e guarda la mamma come per dirle “Guarda, c’è papà!”. In questo caso il bambino cerca di spostare l’attenzione della mamma sull’oggetto che ha catturato la sua attenzione (il papà): da ciò deriva il concetto di attenzione condivisa. L’uso di gesti indicativi (come appunto indicare il papà) rafforza il comportamento di attenzione condivisa e si presenta nei bambini più grandi. L’attenzione condivisa è un importante precursore della “Teoria della mente”.
Considerazioni finali
Gettate le basi sull’autismo ho pensato di lasciare qui alcuni dettagli e curiosità sparse sull’argomento:
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È sbagliato pensare che le persone autistiche non provino di per se sentimenti, o emozioni: la difficoltà dell’autismo è legata alla capacità di relazionarsi, e quindi di manifestare o indirizzare in maniera controllata i loro sentimenti in relazione ad un altro.
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L’autismo non è causato dalla mancanza di affetto genitoriale. Come abbiamo già anticipato l’autismo sarebbe già presente nel periodo della nascita, è quindi inutile colpevolizzare i genitori o i tutori per questa condizione.
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Le persone autistiche ad alto funzionamento possono avere difficoltà ad intrattenere correttamente conversazioni o scambi sociali; in genere le difficoltà maggiori consistono nel controllo del tono di voce, nella gestione dell’alternarsi dei turni del parlato nella conversazione e nella concezione di cosa è adeguato al contesto o alle persone (come il mantenere la distanza fisica). Come potete notare si tratta di elementi che per le persone con funzionamento normale risultano automatici in linea di massima; per chi invece è affetto da disturbi dello spettro autistico queste funzioni vanno “pensate” ed integrate attraverso un regime educativo differente.
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Alcune persone autistiche possono soffrire di ipersensibilità sensoriale: sebbene si tratti di una condizione variabile da persona a persona, è caratterizzata in genere da una percezione estremamente aumentata e invasiva dell’ambiente circostante. Le voci si tramutano in urla, il contatto fisico diventa doloroso, gli odori diventano particolarmente forti, ecc
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In altri casi invece può essere presente una iposensibilità sensoriale, che è l’opposto dell’ipersensibilità appena descritta.
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Alcuni individui autistici presentano una delle caratteristiche più note del disturbo: i comportamenti stereotipati. Questi possono riguardare ad esempio il dondolarsi ripetutamente, gesti con le mani, movimenti con la testa, ecc. La particolarità di questi comportamenti sta nel riproporsi ripetutamente e sempre pressochè nella stessa maniera.
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È alquanto sconvolgente doverlo dire, ma pare che questa cosa non sia data per scontata da tutti: l’autismo non è affatto contagioso. Non si tratta di una patologia virale ma a base genetica/biologica e come abbiamo più volte ripetuto è presente già nel periodo della nascita.
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Non tutti gli individui autistici sono geni in grado di fare magie con i numeri, con l’arte o con il pianoforte. Questi casi piuttosto isolati sono rappresentati dagli idiot savant (idioti sapienti), una categoria particolare di individui con un ritardo mentale che sviluppano incredibili capacità tutt’ora inspiegabili, ma solo in una determinata area del sapere, come può essere il pianoforte, la pittura, le date, la memoria verso i numeri, ecc.
- I bambini autistici sono talvolta chiamati “Figli della luna”, in quanto il loro comportamento e modo di interagire con l’ambiente così diverso dal nostro li fa quasi sembrare come provenienti e tutt’ora presenti con la mente sulla luna, come metafora della distanza dalla terra.
Abbiamo così coperto altre informazioni sulla sfera dei disturbi dello spettro autistico. Vi ricordiamo, per concludere, che anche nella categorizzazione fornita ogni individuo è uguale solo a se stesso e va quindi visto nella sua soggettività. Le informazioni fornite in questo post non devono servire a scopo diagnostico, ma solo a poter comprendere meglio di cosa parliamo quando trattiamo di Disturbi dello spettro autistico.
Se nutri dubbi sul fatto che tuo figlio possa avere dei disturbi appartenenti allo spettro autistico non cercare di chiarirli ricorrendo ad internet: rischi di aumentare le tue preoccupazioni e di giungere a conclusioni errate o catastrofiche. Parlane invece col tuo pediatra, con un dottore o con uno psicologo specializzato nel campo dell’età evolutiva: sapranno ascoltarti e valutare insieme a te se il problema è reale e, eventualmente, quale piano di intervento va intrapreso per garantire comunque a tuo figlio una vita positiva e dignitosa.