Disturbi dell’alimentazione: parliamone! [Il 15 Marzo #coloriamocidililla]

Tempo di lettura medio: 9 minuti
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Fonte: https://coloriamocidililla.wordpress.com/

Buongiorno e benvenuti in questo nuovo articolo! Il 15 Marzo è ormai da alcuni anni la Giornata Nazionale del Fiocchietto Lilla, giornata di sensibilizzazione sui disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, anche noti con la sigla DCA. Arrivata in Italia alla sua nona edizione, in questa data sono diversi gli eventi organizzati sul territorio nazionale, di cui trovate una mappa sul sito https://coloriamocidililla.wordpress.com/ .

Ma perché si è resa necessaria una giornata dedicata alla sensibilizzazione sui disturbi dell’alimentazione? I DCA rappresentano una problematica di sanità pubblica non indifferente, aumentando ogni anno in numero di casi; ma non solo: il trend vede un abbassamento dell’età di insorgenza, con ripercussioni sul corretto sviluppo di individui sempre più giovani con danni permanenti sulla loro salute. Non pensate valga la pena saperne di più?

Una società del benessere – ma non sempre

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È un dato di fatto: in una società benestante come la nostra, la capacità di conservare riserve energetiche (che fino al secolo scorso era stata positiva) è diventata non solo negativa, ma in alcuni casi una mostruosità. Eppure, c’è stato un periodo in cui l’uomo non poteva prevedere quando sarebbe stato il pasto successivo, e conservare le sostanze nutritive in eccesso faceva la differenza tra morire e sopravvivere. Una spinta adattativa non indifferente.

La biochimica ci insegna che il nostro organismo ha costantemente bisogno di energia. Senza zuccheri non si crea ATP, e senza ATP non si può mantenere l’omeostasi cellulare. Questa energia viene estrapolata dagli alimenti ingeriti, che il nostro corpo sfrutta al massimo senza alcuno spreco. Una salvezza in condizioni precarie o indigenti, ma che in un mondo come quello occidentale dove la maggior parte della popolazione ha accesso pressoché libero e illimitato al cibo ha spianato la strada a patologie e disturbi. A peggiorare il quadro generale, c’è da aggiungere che spesso i cibi a minor costo – sia in termini economici che di fatica nel procurarseli – sono quelli più ricchi in carboidrati e grassi.

Alcune note Biochimiche

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Quasi tutti gli zuccheri, semplici o complessi che siano, possono essere elaborati e assorbiti dal nostro organismo; tra le poche eccezioni a questa regola rientra la cellulosa, contenuta in alcuni alimenti vegetali. Tra gli zuccheri assorbiti il glucosio rappresenta il tipo principale, ma non è l’unico; altri di questo tipo sono infatti fruttosio e galattosio, quest’ultimo ottenuto dalla scissione del lattosio.

La quantità di glucosio nel sangue determina la glicemia. Il livello di glicemia viene regolato da ormoni (come insulina e glucagone) in modo che le cellule ne abbiano sempre a disposizione; le cellule nervose posseggono molecole di trasporto che garantiscono l’assunzione di glucosio anche in assenza di insulina. A seguito dell’assorbimento intestinale, la glicemia si alza: il glucosio non utilizzato nell’immediato sarà quindi convertito in altre forme di riserva, come il glicogeno epatico e i lipidi del tessuto adiposo. In questo modo, nei momenti di digiuno, si potrà recuperare energia.

Attenzione: se dal glicogeno si può riottenere glucosio, però, dai lipidi ciò non è possibile; questi saranno quindi bruciati direttamente attraverso altre vie. Va inoltre sottolineato che, durante il digiuno, anche le proteine muscolari vengono convertite in energia. Sebbene le proteine non siano immagazzinate nell’organismo a fine energetico, queste infatti possono presentare un ottimo substrato per la formazione di ATP. Ciò spiega perché nelle diete ipocaloriche è sempre presente il consumo di carni: compensa la perdita di massa magra con altre proteine.

Ma cosa ci spinge a mangiare?

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Sono diversi i fattori che ci inducono a ingerire cibo. L’ipoglicemia e la diminuzione delle riserve energetiche sono di tipo fisiologico; la vista o l’odore di un cibo per noi appetitoso di tipo ambientale. Sia questi messaggi che i corrispettivi inversi, ovvero i segnali di sazietà, sono veicolati da stimoli neurali e ormoni secreti in circolo; il bersaglio finale di entrambi è il cervello, che in questo modo può spingerci a ricercare o interrompere l’assunzione di cibo.

Presentato questo quadro biochimico e fisiologico, possiamo addentrarci nella trattazione di alcune condizioni in cui vi è un’alterazione di questi processi, ovvero i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione. Il DSM-5 (di cui abbiamo già parlato qui) a tal proposito fornisce la seguente definizione:

“I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale.”

Ma prima di continuare…

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Se pensi di essere in difficoltà, o ti ritrovi anche parzialmente in una delle trattazioni seguenti, non esitare a parlarne con il tuo medico o il tuo psicoterapeuta. Il Ministero della Salute ha inoltre istituito un numero verde SOS disturbi dell’alimentazione (800 180 969) e reso disponibile una mappa delle strutture dedicate ai disturbi dell’alimentazione.

Tutti i dati riportati di seguito si basano su fonti accreditate che potete trovare, come in ogni mio articolo, elencate in fondo alla pagina.

• Anoressia

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L’anoressia (parola che deriva dal greco, senza appetito) fa parte dei disturbi dell’alimentazione a eziologia complessa. I soggetti affetti sono ossessionati dal cibo e dal peso a tal punto da assumere una quantità di calorie talmente bassa (o da bruciarne una quantità in talmente alta rispetto gli introiti) da avere un BMI inferiore a 18,5 negli adulti e inferiore al 5° percentile in adolescenti e bambini.

Già: perché sebbene lo stereotipo del soggetto anoressico sia di una ragazza nella tarda adolescenza ossessionata dal proprio riflesso allo specchio, non solo l’anoressia colpisce anche il sesso maschile, ma l’età di insorgenza si è abbassata, con diagnosi cliniche a bambine anche di 8 o 9 anni.

La fascia 15-19 anni rimane quella più colpita; ma appare chiaro che la patologia non riguarda più solo gli adolescenti, andando a colpire anche bambini in età prepuberale, con conseguenze molto più gravi sul corpo e sulla mente. Un esordio precoce può infatti comportare un rischio maggiore di danni permanenti, secondari alla malnutrizione, soprattutto a carico delle ossa e del sistema nervoso centrale.

Anoressia non sempre vuol dire “non mangiare”

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In alcuni casi, il soggetto si sottopone a sessioni intense di esercizio fisico, nel tentativo di impedire un aumento di peso anche minimo; in altri ci sono fenomeni di abbuffate seguiti a vomito autoindotto o uso di lassativi simile alla bulimia. Comunque, le cause che portano a questo fenomeno non sono ancora del tutto chiarite, sebbene la comunità scientifica sia orientata verso un disturbo di tipo mentale.

L’incidenza dell’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi. Sebbene la terapia presenti diverse complicazioni, l’approccio cognitivo-comportamentale è clinicamente rilevante, sebbene il grado di successo sia inferiore alla metà e le recidive pari a un quinto circa dei casi. Nell’anoressia nervosa, il tasso di remissione è del 20-30% dopo 2-4 anni dall’esordio, 70-80% dopo 8 o più anni. Nel 10-20% dei casi tuttavia si sviluppa una condizione cronica che persiste per l’intera vita.

• Bulimia Nervosa

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La bulimia nervosa è un altro dei disturbi dell’alimentazione a eziologia complessa. È caratterizzata da ricorrenti abbuffate associate a una sensazione di perdita di controllo durante l’episodio. Il soggetto quindi ricorre a condotte compensatorie come vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, digiuno e attività fisica eccessiva. A causa di ciò, spesso il peso delle persone affette da bulimia è nella norma.

Il vomito è il principale escamotage utilizzato (80-90%), poiché può ridurre la sensazione di malessere fisico a tal punto da esser ricercato da alcuni soggetti (non si vomita perché si è mangiato, ma si mangia per poter vomitare). Ciò ovviamente ha delle ripercussioni sulla salute fisica del soggetto, sia dal punto di vista nutritivo (poiché non si arriva alla fase di assorbimento) che generale (come danni all’epitelio esofageo o allo smalto dentale).

Ogni anno si registrano 12 nuovi casi per 100mila persone tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone tra gli uomini. A differenza dell’anoressia, per la bulimia nervosa la terapia farmacologica è risultata efficace; rimane comunque raccomandata una terapia cognitivo-comportamentale da abbinare all’assunzione di farmaci.

• Obesità

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L’obesità è una delle patologie più diffuse al mondo ma, nonostante il coinvolgimento psicologico, è bene sottolineare che non è riconosciuta come un disturbo di tipo mentale. Essa comprende fattori genetici, metabolici, ormonali e psico-sociali; molte ricerche hanno evidenziato come questi ultimi siano dei fattori determinanti per l’insorgenza della malattia. L’obesità è legata in buona parte ad alterazioni dei circuiti dopaminergici coinvolti nella ricompensa (gli stessi coinvolti in altre dipendenze, come l’alcolismo) e del sistema oppioidergico della gratificazione.

Dal punto di vista clinico l’obesità è una patologia cronica in cui la massa grassa è superiore al 20% del peso ideale del soggetto; a tal fine è utilizzato un indice (il BMI) che tiene conto di altezza e peso, dove valori tra il 25 e il 30 indicano una condizione di sovrappeso e per BMI superiore al 30 obesità. Nonostante il periodo adolescenziale sia spesso associato a insorgenza di disturbi del comportamento alimentare (come anoressia e bulimia), in 3 casi su 4 l’obesità ha inizio prima dei sei anni di età, e negli ultimi decenni tale incidenza è triplicata negli adolescenti. Secondo i dati raccolti nel 2010 dal sistema di sorveglianza Passi, in Italia il 32% degli adulti è sovrappeso, mentre l’11% è obeso. In totale, oltre quattro adulti su dieci (42%) sono cioè in eccesso ponderale.

• Disturbo da alimentazione incontrollata, o binge-eating disorder

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L’obesità può essere associata a un disturbo di alimentazione incontrollata; non tutti gli obesi infatti hanno una storia di abbuffate compulsive, ma quasi tutti i pazienti con binge-eating disorder sono obesi o in sovrappeso. Spesso infatti i pazienti con questo disturbo si rivolgono agli specialisti del settore per diminuire l’eccesso ponderale. Le restrizioni caloriche raccomandate dalla terapia tradizionale producono tuttavia, oltre al fallimento nel mantenimento del peso raggiunto, anche l’acuirsi di problematiche a carico della sfera psicologica e comportamentale. Sensi di colpa, di fallimento, bassa autostima, vergogna, depressione e paradossalmente incapacità a controllarsi.

La terapia psicologica cognitivo-comportamentale è caldamente consigliata; non agirà certo direttamente sul tessuto adiposo del soggetto, ma può andare a risolvere ciò che ha provocato tale disturbo in modo da poter intervenire successivamente (e con successo) con modifiche alla dieta suggerite da altri specialisti.

Fonti

DSM-5 – Raffaello Cortina Editore, ed. 2014 [EAN 9788860306616]

http://www.salute.gov.it/portale/home.html

https://www.who.int/

http://www.disturbialimentarionline.it/

https://coloriamocidililla.wordpress.com/


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Arianna Caracciolo

Arianna Caracciolo

26 anni di pura curiosità! Ho una vita frenetica che divido tra studio, lavoro e hobbies. Sono iscritta al secondo anno alla facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche dell'UniCusano di Roma, lavoro in un liceo come bidella e ho scritto un libro fantasy, ancora inedito, che sarà il primo di una lunga serie; sono giocatrice e master di D&D e appassionata d'arte nel suo termine più vasto. Vivo con il mio compagno e la mia gatta Ipazia a Parma, ma la mia terra d'origine è la Calabria.

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